praticantealzalatesta

Abilitazione: meritocrazia o lotteria?

CastelvetranoSelinunte: Aspiranti avvocati al Ministro

A Palermo sono state registrate tantissime insufficienze, e appena il 36% degli aspiranti avvocati, è stato ammesso alla prova orale che avrà inizio dal prossimo settembre.

Un esame che, da anni, è diventato la principale preoccupazione dei laureati in giurisprudenza che, dopo un lungo percorso di studi, corsi di specializzazione e almeno 18 mesi di pratica legale, si trovano a dover dimostrare in tre giorni, con lo svolgimento di tre prove scritte, la propria preparazione.

A Palermo, un gruppo di praticanti avvocati  hanno deciso quindi di affrontare i veri problemi che si celano dietro ad un esame concepito male e gestito malissimo, e per questo motivo hanno inviato una lettera aperta al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ecco il testo:

Come certamente ben sa, nel nostro Paese viene richiesto ad un giovane laureato Magistrale in Giurisprudenza, che voglia intraprendere la bistrattata professione d’avvocato, di svolgere un periodo di diciotto mesi di pratica forense, nella prassi non retribuita, di spendere cifre non indifferenti per l’iscrizione agli albi dei praticanti e per la formazione, ormai, divenuta un business.

Tutto questo, solo per avere la possibilità di sostenere un concorso camuffato da esame di abilitazione. I tempi per sostenere le diverse prove, tre scritte ed una orale, ed ottenere la tanto agognata abilitazione sono notevolmente lunghi. I criteri di valutazione non sono univoci e non è possibile, nella maggior parte dei casi, ricostruire il percorso motivazionale di chi ha corretto.
In buona sostanza, il futuro del giovane giurista viene deciso dall’imperscrutabile arbitrio di un commissario che, vedendo il candidato come un possibile futuro concorrente, si arroga il potere di regolare il numero di quanti vorrebbero accedere alla professione.
In caso di esito negativo, l’aspirante avvocato dovrà attendere nuovamente un anno per poter ripetere la prova, nel medesimo clima di incertezza.
In tutto questo arco di tempo, che si può snodare lungo diversi anni, il praticante non è in grado di sostentarsi autonomamente. Egli, mettendo da parte l’orgoglio, deve chiedere ai propri genitori l’ennesimo esborso economico.
A tale difficile situazione, si aggiunge un quadro legislativo che mira a soffocare sul nascere la libertà di una professione che di “libera” ha ormai poco. Tale normativa, che introdurrà la pratica forense e la scuola obbligatoria a numero chiuso, oltre che aggravare ulteriormente le modalità d’esame, viola palesemente il disposto dell’Art. 3 della nostra Carta Costituzionale. Il principio di eguaglianza, inoltre, è già leso dall’enorme disparità di trattamento esistente tra le modalità di accesso all’abilitazione forense e tutte le altre abilitazioni professionali.
Peraltro, un sistema così impostato si pone chiaramente in contrasto con l’Art. 2 Cost. Gli alti costi, uniti alla totale assenza di qualsivoglia forma di rimborso spese, rendono difficoltoso l’accesso alla professione forense, facendone una vera e propria casta, su cui gli avvocati possono mantenere il controllo sull’accesso.
Ci risulta difficile concepire il motivo per cui un giovane, laureatosi all’età di ventiquattro anni, debba trovarsi, quattro anni più tardi e alla soglia dei trenta, nella più assoluta incertezza circa il proprio futuro.
Per quanto ci riguarda, presso la Corte d’Appello di Palermo, si è assistito quest’anno ad una inspiegabile bocciatura di massa.

Nella specie, circa 400 candidati sono stati ammessi alla prova orale su 1122 partecipanti. I non idonei si sono visti valutare con votazioni ingiustificatamente basse, che denoterebbero gravissime lacune non solo giuridiche ma anche linguistico-grammaticali.

Una conclusione non condivisa dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, Prof. Avv. E. Camilleri. Quest’ultimo, in una recente intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, ha affermato che alcuni laureati dell’Università di Palermo sono risultati i migliori durante l’ultimo concorso in magistratura.

Noi rifiutiamo di accettare l’idea che il 65% degli aspiranti avvocati della Corte d’Appello di Palermo sia una massa di incapaci. Perché questo è ciò che ci vorrebbe suggerire un’epidemia di voti infimi come quella registrata.

Noi riteniamo, invece, che i nostri elaborati siano stati corretti e valutati con una superficialità che non meritano. Perché in quei manoscritti, sono condensati anni di sudore, di speranze e di aspirazioni.
L’assenza di qualsivoglia segno di correzione e l’assoluta mancanza di motivazione sugli elaborati ci umilia. L’art. 46, comma 5, della Legge 31 dicembre 2012 n. 247, nel disciplinare le modalità di correzione delle prove scritte, infatti, dispone che la commissione deve “annotare le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma del voti espressi dai singoli componenti”.
Un’interpretazione costituzionalmente orientata ed evolutiva della normativa citata, ha trovato abbondante accoglimento nella giurisprudenza degli ultimi anni.

La predetta violazione di legge, pertanto, potrà essere sanata solamente da una ricorrezione degli elaborati, che sarà possibile solo a seguito della presentazione di ricorsi al TAR. Come lei sa, la giustizia amministrativa in Italia é un privilegio che non tutti si possono permettere. Il candidato che intende ricorrere al TAR, per la ricorrezione delle prove, infatti, dovrà versare allo Stato circa 650 Euro di contributo unificato oltre il compenso professionale dell’avvocato.
Nonostante tutto, noi crediamo ancora in questa professione.
Una professione in cui ormai, soprattutto per i giovani, gli oneri superano i benefici, le responsabilità superano le soddisfazioni.

Una professione che, oggi più di ieri, ha assunto i contorni di una missione.
Ora più che mai, risuonano nelle nostre orecchie le parole di Piero Calamandrei: “Beati coloro che soffrono per causa di giustizia… ma guai a coloro che fanno soffrire con atto di ingiustizia! E, notate, di qualunque specie e grado di ingiustizia… perchè accogliere una raccomandazione o una segnalazione, favorire particolarmente un amico a danno di un estraneo o di uno sconosciuto, usare un metro diverso nella valutazione del comportamento, o delle attitudini, o delle necessità degli uomini, è pur questo ingiustizia, è pur questo offesa al prossimo, è pur questo ribellione al comando divino”.

Cordiali Saluti

Avvocati negati

#praticantealzalatesta

https://praticantealzalatesta.wordpress.com/

Lettera aperta al ministro della Giustizia

Egregio Ministro,
Come certamente ben sa, nel nostro Paese viene richiesto ad un giovane laureato Magistrale in Giurisprudenza, che voglia intraprendere la bistrattata professione d’avvocato, di svolgere un periodo di diciotto mesi di pratica forense, nella prassi non retribuita e di spendere cifre non indifferenti per l’iscrizione agli albi dei praticanti e per la formazione, ormai, divenuta un business. Tutto questo, solo per avere la possibilità di sostenere un concorso camuffato da esame di abilitazione. I tempi per sostenere le diverse prove, tre scritte ed una orale, ed ottenere la tanto agognata abilitazione sono lunghissimi, un anno e sei mesi nella migliore delle ipotesi.

I criteri di valutazione non sono univoci e non è possibile, nella maggior parte dei casi, ricostruire il percorso motivazionale di chi ha corretto.
In buona sostanza, il futuro del giovane giurista viene deciso dall’imperscrutabile arbitrio di un commissario che, vedendo il candidato come un possibile futuro concorrente, si arroga il potere di regolare il numero di quanti vorrebbero accedere alla professione.
In caso di esito negativo, l’aspirante avvocato dovrà attendere nuovamente un anno per poter ripetere la prova, nel medesimo clima di incertezza.
In tutto questo arco di tempo, che si può snodare lungo diversi anni, il praticante non è in grado di sostentarsi autonomamente. Egli, mettendo da parte l’orgoglio, deve chiedere ai propri genitori l’ennesimo esborso economico.
A tale difficile situazione, si aggiunge un quadro legislativo che mira a soffocare sul nascere la libertà di una professione che di “libera” ha ormai poco. Tale normativa, che introdurrà la pratica forense e la scuola obbligatoria a numero chiuso, oltre che aggravare le modalità d’esame, viola palesemente il disposto dell’Art. 3 della nostra Carta Costituzionale.
Peraltro, un sistema così impostato si pone chiaramente in contrasto con l’Art. 2 Cost. Gli alti costi, uniti alla totale assenza di qualsivoglia forma di rimborso spese, rendono difficoltoso l’accesso alla professione forense, facendone una vera e propria casta, su cui gli avvocati possono mantenere il controllo sull’accesso.
Ci risulta difficile concepire il motivo per cui un giovane, laureatosi all’età di ventiquattro anni, debba trovarsi, quattro anni più tardi e alla soglia dei trenta, nella più assoluta incertezza circa il proprio futuro.
Per quanto ci riguarda presso la Corte d’Appello di Palermo, si è assistito quest’anno ad una inspiegabile bocciatura di massa.
Nella specie, circa 400 candidati sono stati ammessi alla prova orale su 1122 partecipanti. I non idonei si sono visti valutare con votazioni ingiustificatamente basse, che denoterebbero gravissime lacune non solo giuridiche ma anche linguistico-grammaticali.
Una conclusione non condivisa dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, Prof. Avv. E. Camilleri.
Quest’ultimo, in una recente intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, ha affermato che alcuni laureati dell’Università di Palermo sono risultati i migliori durante l’ultimo concorso in magistratura.
Noi rifiutiamo di accettare l’idea che il 65% degli aspiranti avvocati della Corte d’Appello di Palermo sia una massa di incapaci. Perché questo è ciò che ci vorrebbe suggerire un’epidemia di voti infimi come quella registrata.
Noi riteniamo, invece, che i nostri elaborati siano stati corretti e valutati con una superficialità che non meritano. Perché in quei manoscritti, sono condensati anni di sudore, di speranze e di aspirazioni.
Nonostante tutto, noi crediamo ancora in questa professione.
Una professione in cui ormai, soprattutto per i giovani, gli oneri superano i benefici, le responsabilità superano le soddisfazioni.
Una professione che, oggi più di ieri, ha assunto i contorni di una missione, appannaggio solo di chi la ami incondizionatamente.
Ora più che mai, risuonano nelle nostre orecchie le parole di Piero Calamandrei: “Beati coloro che soffrono per causa di giustizia… ma guai a coloro che fanno soffrire con atto di ingiustizia! E, notate, di qualunque specie e grado di ingiustizia… perchè accogliere una raccomandazione o una segnalazione, favorire particolarmente un amico a danno di un estraneo o di uno sconosciuto, usare un metro diverso nella valutazione del comportamento, o delle attitudini, o delle necessità degli uomini, è pur questo ingiustizia, è pur questo offesa al prossimo, è pur questo ribellione al comando divino”.

Cordiali Saluti

Avvocati negati

#praticantealzalatesta

LiveSicilia: abilitazione avvocati, solo il 36 per cento agli orali

PALERMO – Una vera e propria lotteria, quella degli scritti per l’abilitazione forense, che quest’anno fa pochi vincitori. Le percentuali di chi ha passato il tris di prove, due pareri e un atto giudiziario, sono state bassissime in tutta Italia, e anche a Palermo dove sono state registrate tantissime insufficienze. Appena il 36 per cento degli aspiranti avvocati, infatti, è stato ammesso alla prova orale che avrà inizio dal prossimo settembre. Una percentuale di promossi che si attesta intorno ad un terzo e che, in molti casi, è stata valutata con il voto minimo per superare l’esame, l’agognato 90, per il rotto della cuffia. Nel capoluogo siciliano sono stati 1.122 i candidati, ma soltanto 404 ammessi alla prova orale.

I 718 bocciati, invece, sono stati valutati con voti bassissimi. Ciascuno scritto, sarebbe dovuto essere valutato almeno sufficiente. La somma dei tre compiti, infatti, deve essere giudicata con un punteggio di 90 almeno, il minimo necessario per essere ammessi all’ultimo step grazie a cui, una volta promossi, potersi iscrivere all’albo degli avvocati. Il 64 per cento degli elaborati corretti dalla Corte d’Appello di Lecce, invece, ha ricevuto gravi insufficienze, da penna rossa. 23, 24, alle volte 21 o addirittura 20 a compito. Non abbastanza, dunque, per essere ammessi all’orale.

Un esame sempre più difficile per i laureati in giurisprudenza che vogliono abilitarsi come avvocati. Prima la laurea, poi scuola, poi la pratica, poi l’esame scritto, poi quello orale. E l’esame è l’unico modo che i praticanti hanno per potersi iscrivere all’albo ed esercitare la professione. Un esame che, da anni, è diventato la principale preoccupazione dei laureati in giurisprudenza che, dopo un lungo percorso di studi, corsi di specializzazione e almeno 18 mesi di pratica legale, si trovano a dover dimostrare in tre giorni, con lo svolgimento di tre prove scritte, la propria preparazione.

L’esame si è svolto lo scorso dicembre, dal 15 al 17, al carcere Pagliarelli di Palermo. Sette ore a disposizione per ogni prova, con a disposizione i codici. E forse per l’ultimo anno. Perché dall’anno prossimo, a seguito di una riforma, l’esame di abilitazione potrebbe avvenire senza codici commentati. Sempre più difficile, dunque, abilitarsi come avvocato e svolgere un parere motivato di civile, uno di penale e, infine, un atto giudiziario in una delle tre materie a scelta tra diritto privato, diritto penale e diritto amministrativo, senza l’ausilio di un codice con commento.

A Catania, invece, sono 543 i candidati che hanno superato le prove scritte. Erano candidati in 1.168 e i loro elaborati, in base all’abbinamento delle sedi, sono stati corretti dalla Corte di Appello di Torino. La percentuale dei candidati ammessi all’orale, tra i catanesi, è del 46,5 per cento. Una percentuale di poco più alta di Palermo, ma comunque insufficiente ad equiparare gli ammessi ai non ammessi. Adesso la partita, per i promossi, si giocherà da settembre in poi. Gli altri, invece, ritenteranno la lotteria degli scritti il prossimo dicembre.